Avv. Ettore Nesi – DIRITTO SOCIETARIO – Revoca degli amministratori per giusta causa

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Nelle società per azioni, la revoca degli amministratori può essere:

deliberata dall’assemblea (cfr. art. 2383, comma 3, cod. civile);

automatica, nel caso di esperimento dell’azione sociale di responsabilità (cfr. art. 2393, comma 5, cod. civile);

giudiziaria, disposta dal Tribunale adito dai soci di minoranza qualora gli amministratori abbiano violato i loro doveri, compiendo gravi irregolarità nella gestione (cfr. art. 2409, comma 4, cod. civile).

Con particolare riferimento alla revoca disposta dall’assemblea, questa può avvenire in qualunque tempo, ma se la revoca avviene senza giusta causa, gli amministratori hanno diritto al risarcimento dei danni (cfr. art. 2383, comma 3, c.c.).

Salvo il caso di violazione dell’obbligo di non concorrenza (cfr. art. 2390, comma 2°, c.c.), non sono tipizzate le ipotesi di giusta causa di revoca. Dal formante si ricava peraltro la distinzione tra “cause oggettive” e “cause soggettive”, «purché si tratti di circostanze o fatti sopravvenuti, idonei ad influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto» (Cass., Sez. I, 14 maggio 2012, n. 7425).

Più precisamente, sono cause soggettive le inadempienze degli amministratori ai doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto aventi gravità tale «da determinare il venir meno del rapporto fiduciario con i soci, e senza che possa avere rilievo la mera contrarietà dell’amministratore ad un indirizzo amministrativo o gestionale espresso dai soci di maggioranza» (Tribunale  Milano, Sez. VIII, 12 marzo 2009, n. 3461).

Nel caso invece di giusta causa oggettiva, «essa consiste in situazioni estranee alla persona dell’amministratore, quindi non integranti un suo inadempimento e sempre che ricorra un quid pluris, cioè l’esistenza di situazioni tali da elidere il citato affidamento (Cass. civ. 23557 del 12 settembre 2008) riposto sulle attitudini e le capacità dell’organo di gestione, in modo tale da poter fondatamente ritenere che siano venuti meno, in capo allo stesso, quei requisiti di avvedutezza, capacità e diligenza di tipo professionale che dovrebbero sempre contraddistinguere l’amministratore di una società di capitali (Cass. civ. n. 16526 del 5 agosto 2008)» (Cass., Sez. I, 14 maggio 2012, n. 7425).

nota a cura dell’Avv. Ettore Nesi