Consiglio di Stato, Sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254 – Massime a cura dell’Avv. Nesi – 

 

1. Sulla legittimazione ad agire dei Comuni limitrofi al Comune, in cui è ubicato o deve essere ubicato impianto di trattamento di rifiuti, avverso i relativi atti amministrativi. 

In tema di atti amministrativi relativi ad un impianto di trattamento di rifiuti, ancorché ricadente in altro vicino comune, non può negarsi che esso arrechi (o sia astrattamente in grado di arrecare) disagi e danni non solo agli appartenenti del comune di ubicazione, ma anche ai cittadini dei comuni limitrofi: deve essere pertanto riconosciuta la legittimazione e l’interesse ad agire anche al comune limitrofo (a quello in cui è ubicata o deve essere ubicata una discarica di rifiuti), quale ente esponenziale della collettività stanziata sul proprio territorio e portatore in via continuativa degli interessi diffusi radicati sul proprio territorio, non potendo la legittimazione ad agire essere subordinata alla prova di una concreta pericolosità dell’impianto.

2. Sull’ascrivibilità della V.I.A. tra gli atti espressivi di funzioni politico-amministrativo. 

2.1. Alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero; in particolare la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste.

2.2. Non può sostenersi che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all’organo di governo. Ne consegue che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della normativa regionale che affidi alla Giunta Regionale tale valutazione, prospettata in relazione al principio di separazione della funzione di indirizzo politico – amministrativo da quella gestionale – amministrativo di attuazione della prima, come delineata dall’art. 3 del d. lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e dall’art. 4 del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

3. Sui criteri da seguire al fine di verificare affidabilità di studio di impatto ambientale (s.i.a.). 

Premesso che la domanda di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di una discarica deve recare i dati e le informazioni indicati all’art. 8 D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, ove lo studio di impatto ambientale (s.i.a.) sia stato presentato anni prima della conclusione del procedimento (nella specie 5 anni), il ricorrente che ne denunci la non attualità e la non adeguatezza deve fornire un adeguato supporto probatorio circa l’effettiva esistenza di lacune od omissioni da cui sarebbe inficiato il predetto s.i.a. ovvero circa eventuali modifiche dello stato di fatto dei luoghi interessati al progetto, tale da inficiare il s.i.a. presentato, tanto più nel caso in cui il soggetto proponente abbia provveduto all’aggiornamento e/o all’integrazione del medesimo s.i.a.

4. Sui vincoli escludenti e ostativi all’ammissibilità del progetto di discarica. 

4.1. In tema di corsi d’acqua costituiscono vincoli ostativi all’ammissibilità di discariche quelli indicati all’art. 142 D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ai sensi del quale sono tutelati, per una fascia di 150 metri ciascuna, quei corsi d’acqua che siano iscritti nell’apposito elenco di cui al R.D. n. 1775/1933; in difetto di tale iscrizione la presenza di un corso d’acqua non è dunque sufficiente ad impedire la realizzazione di una discarica.

4.2. Posto che il piano paesaggistico della Regione Sardegna prevede, agli art. 17 e 18 delle norme tecniche di attuazione, che gli interventi sui “boschi come definiti dall’art. 2, commi 2 e 6, del D. Lgs. 18/5/2001, n. 227”, siano soggetti ad autorizzazione paesaggistica, deve escludersi che essa occorra per l’assenso alla realizzazione di una discarica di rifiuti, laddove essa la progettata discarica non ricada sua una distesa boschiva, ma su una superficie esterna ad essa (nella specie dalla documentazione depositata in giudizio risultava che la distanza tra discarica e area boschiva sarebbe stata non inferiore a 100 metri).

4.3. Ove sul territorio interessato dalla realizzazione di discarica di rifiuti siano presenti coltivazioni di prodotti con le caratteristiche indicate nell’allegato 1 al D. Lgs. 13/1/2003 n. 36 (IGT e DOC), tale circostanza non è ostativa all’ammissibilità del progetto realizzando, salvo che non venga dimostrato che le dette zone di produzione si trovino in prossimità del sito individuato per la localizzazione del nuovo modulo di discarica o comunque a distanza tale da poter subire pregiudizio dal progettato intervento, tanto più nel caso in cui il progetto di discarica consista in un ampliamento di preesistente discarica e che solo in minima parte riguarda aree nuove, comunque di pertinenza della precedente discarica: da ciò si ricava la manifesta infondatezza e pretestuosità della censura in esame, giacché, a tutto voler concedere, proprio la presenza della precedente attività avrebbe consentito di provare agevolmente o quanto meno di fornire adeguati indizi, se effettivamente sussistenti, dei pretesi pregiudizi sulle predette coltivazioni.

5. Sull’ammissibilità di motivi aggiunti successivamente alla pubblicazione della sentenza che definisce il giudizio di primo grado.

Sono inammissibili i motivi aggiunti afferenti a provvedimenti successivi alla pubblicazione della sentenza oggetto di appello dinanzi al Consiglio di Stato. Ciò in quanto, mentre è ammessa la possibilità di dedurre motivi aggiunti anche in grado di appello per far valere vizi dei provvedimenti impugnati non noti all’epoca del giudizio di primo grado, tale possibilità è invece da escludere allorché con essi vengano così investiti, come nel caso in esame, atti sopravvenuti, tanto più che lo stesso articolo 104, comma 3, c.p.a. prevede che “Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati”. Del resto, diversamente opinando, la scelta di una delle parti in causa priverebbe inammissibilmente l’altra del primo dei due gradi di giudizio e cioè di una garanzia e di un diritto che non possono essere rimessi alla volontà di una sola parte.

SINTESI DELLE MASSIME
1. Giustizia amministrativa – legittimazione ad agire avverso atti relativi all’ubicazione di discariche per trattamento rifiuti – comuni limitrofi – enti esponenziali delle comunità locali – sussistenza;
2. Ambiente – valutazione di impatto ambientale – competenza ad esprimere valutazione – riconducibilità nel novero delle funzioni di indirizzo politico amministrativo – competenza degli organi politici e non dei dirigenti;
3. Ambiente – studio di impatto ambientale – affidabilità e adeguatezza – criteri di valutazione – lacune od omissioni – onere della prova – in capo al ricorrente;
4. Ambiente – vincoli escludenti e/o ostativi ammissibilità progetto di discarica di rifiuti – corsi d’acqua – non iscritti in elenco ex R.D. n. 1775/1933 – non sussistono vincoli;
5. Ambiente – vincoli escludenti e/o ostativi ammissibilità progetto di discarica di rifiuti – piano paesaggistico regionale – tutela dei boschi – discarica ubicata in area esterna alla zona protetta – non sussistono vincoli;
6. Ambiente – vincoli escludenti e/o ostativi ammissibilità progetto di discarica di rifiuti – coltivazioni di prodotti con le caratteristiche indicate nell’allegato 1 al D. Lgs. 13/1/2003 n. 36 (IGT e DOC) – tutela – discarica ubicata in area distante dalle coltivazioni – omessa dimostrazione dei pregiudizi recati alle coltivazioni – non sussistono vincoli;
7. Giustizia amministrativa – motivi aggiunti – atti emanati successivamente alla pubblicazione della sentenza di primo grado – principio del doppio grado di giurisdizione – inammissibilità dei mezzi di gravame;

Massime a cura dell’Avv. Ettore Nesi
email: avvocato.nesi@studiolegalepn.it

(data inserimento: 3 giugno 2012)

Il Consiglio di Statoin sede giurisdizionale (Sezione Quinta)ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5352 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
COMUNE DI DOLIANOVA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Mauro Barberio e Roberto Uras, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
contro

REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Tiziana Ledda, con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione Sardegna in Roma, via Lucullo, n. 24;
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, MINISTERO DELLA SALUTE, in persona dei rispettivi ministri in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
ECOSERDIANA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Costantino Murgia e Stefano di Meo, con i quali è elettivamente domiciliata in Roma, via Pisanelli, n. 2;
COMUNE DI SERDIANA, COMUNE DI DONORI, A.S.L. N. 8 DI CAGLIARI, PROVINCIA DI CAGLIARI, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, non costituiti in giudizio;
per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA – CAGLIARI: SEZIONE I n. 209 del 10 marzo 2011, resa tra le parti, concernente PROGETTO DI AMPLIAMENTO DELLA DISCARICA CONTROLLATA PER RIFIUTI NON PERICOLOSI LOCALITA SU SICCESU SERDIANA;Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero della Salute;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale spiegato da Ecoserdiana S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Barberio, Ledda, Fiorentino dell’Avvocatura generale dello Stato, e Murgia;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO

1. Con deliberazione n. 12/23 del 25 marzo 2010 (“Procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, ai sensi della Delib. G.R. n. 5/11 del 15.2.2005, relativa al Progetto di ampliamento del modulo di discarica controllata per rifiuti non pericolosi dotato di impianto di biogas, in località Su Siccesu, in Comune di Serdiana. Proponente: Soc. Ecoserdiana”), all’esito di un lungo iter istruttorio (che aveva preso avvio con l’istanza presentata da Ecoserdiana S.p.A. nel giugno del 2005), la Giunta Regionale della Sardegna ha espresso giudizio positivo, con prescrizioni, sulla compatibilità ambientale del predetto intervento.
Di tale deliberazione e di quella n. 24/23 del 23 aprile 2008, recante “Direttive per lo svolgimento delle procedure di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica”, nella parte in cui attribuiva alla Giunta regionale la competenza in materia di valutazione di impatto ambientale, il Comune di Dolianova ha chiesto l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale della Sardegna, deducendone l’illegittimità alla stregua di undici motivi di censura, così rubricati: “A) Incostituzionalità del potere attribuito alla Giunta in materia di VIA: 1) Eccezione di incostituzionalità della L.R. n. 9 del 2 giugno 2006 perché in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione; B) Sulla violazione di norme procedurali: 2) Violazione dell’art. 8, comma 1 lett. d) D Lgs. 36/2003. Violazione della L.R. n. 1 del 1999. Violazione delle delibere della Giunta Regionale n. 5/11 del 15.02.2005 e n. 23/24 del 23.04.2008, nonché dei relativi allegati. Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e incompetenza dell’istruttoria. Irragionevolezza e illogicità; 3)Violazione del Piano regionale di Gestione dei rifiuti, nonché del Piano Provinciale di localizzazione delle aree per impianti di recupero e di smaltimento rifiuti. Violazione dell’art. 17 e 18 delle NTA del Piano Paesaggistico Regionale. Eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione. Sviamento. Illogicità; 4) Violazione, sotto altro profilo, del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti nonché del Piano Provinciale di localizzazione delle aree per impianti e di smaltimento rifiuti. Violazione dell’art. 17 e 18 delle NTA del Piano Paesaggistico Regionale. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza e contraddittorietà della motivazione. Sviamento. Illogicità; 5) Violazione del decreto legislativo n. 36 del 13.01.2003. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza e contraddittorietà della motivazione; 6) Violazione, sotto altro profilo, del decreto legislativo n. 36 del 13.01.2003. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza e contraddittorietà della motivazione; 7) Violazione, sotto ulteriore profilo, del decreto legislativo n. 36 del 13.01.2003. Violazione, sotto altro profilo, del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti nonché del Piano Provinciale di localizzazione delle aree per impianti di recupero e di smaltimento rifiuti. Violazione dell’art. 17 e 18 delle NTA del Piano Paesaggistico Regionale. Eccesso di potere per difetto ed incompletezza dell’istruttoria, carenza e contraddittorietà della motivazione. Sviamento. Illogicità; 8) Violazione del D. Lgs. 152/2006. Violazione della L.R. n. 1 del 1999. Violazione delle delibere della Giunta Regionale n. 5/11 del 15.02.2005 e n. 23/24 del 23.04.2008, nonché dei relativi allegati. Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e incompletezza dell’istruttoria. Irragionevolezza e illogicità; C) Ulteriori violazioni – per questioni sostanziali – del D. Lgs. 36/2003. Tutela della salute e amianto: 9) Violazione, sotto altro profilo, del decreto legislativo n. 36 del 13.01.2003. Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti ed incompletezza dell’istruttoria. Irragionevolezza e illogicità; 10) Violazione, sotto ulteriore profilo, del decreto legislativo n. 36 del 13.01.2003. Eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione. Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e incompletezza dell’istruttoria. Irragionevolezza e illogicità; 11) Violazione, sotto ulteriore profilo, del decreto legislativo n. 36 del 13.01.2003. Eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione. Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e incompletezza dell’istruttoria, Irragionevolezza e illogicità”.
In sintesi, dopo aver eccepito l’illegittimità costituzionale dell’articolo 48, comma 3, della legge regionale 2 giugno 2006, n. 9, che attribuiva alla giunta regionale la competenza a pronunciare in materia di valutazione di impatto ambientale in violazione del principio di separazione tra la funzione politica e quella amministrativa, riservata ai dirigenti, il comune ricorrente ha dedotto che la impugnata valutazione positiva di impatto ambientale si basava su uno studio di impatto ambientale (s.i.a.) non attuale, in quanto risalente ad oltre cinque anni prima, e che anche le analisi relative alle indagini preliminari sulle aree circostanti ed al monitoraggio delle acque, benché prodotte nel 2009, erano state effettuate almeno tre anni prima; inoltre non solo l’area interessata al progettato ampliamento della discarica era soggetta a vincolo paesaggistico di natura escludente per la presenza di un corso d’acqua e di un bosco (vincoli in relazione ai quali provvedimento impugnato era carente di istruttoria e di motivazione in ordine alla compatibilità ambientale ed alle eventuali misure correttive per evitare gravi rischi ecologici), per quanto non risultavano in alcun modo valutate le condizioni di accettabilità del progetto in relazione alla sua collocazione in una zona interessata dalla presenza di vigneti classificati DOC o IGT; neppure era stata poi verificata l’esistenza di valide alternative alla localizzazione indicata dalla società proponente ed era stato espresso il giudizio positivo di valutazione di impatto ambientale, malgrado mancassero elementi indispensabili a tal fine, tanto più che contraddittoriamente era stato prescritto che l’autorizzazione paesaggistica sarebbe stata acquisita successivamente e che il progetto sarebbe stato approvato, dopo la sua trasmissione, con relative modifiche, al S.A.V.I.; infine non era stata verificata la concentrazione di asbesto presente nelle falde sotterranee, non era stato acquisito l’apposito necessario studio sulla distanza del sito dai centri ambitati in relazione alla direttrice dei venti dominanti, né era stato accertato se la società proponente, Ecoserdiana S.p.A., fosse in possesso dei requisiti prescritti ai fini della richiesta di autorizzazione all’apertura e all’esercizio della discarica, ex artt. 8 e 9 del D. Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, e se avesse presentato il piano di adeguamento, ex art. 17 del D. Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 (e se lo stesso fosse stato approvato).
Con successivi motivi aggiunti il comune di Dolianova ha lamentato ancora “Violazione, sotto ulteriore profilo, del decreto legislativo n. 36 del 13.01.2003. Eccesso di potere per difetto carenza e contraddittorietà della motivazione. Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e incompletezza dell’istruttoria. Irragionevolezza e illogicità”, rilevando che lo studio sull’amianto predisposto dalla società proponente era stato depositato presso gli uffici regionali dopo la conclusione della conferenza dei servizi, all’esito della quale era stato formulato l’impugnato giudizio positivo circa la valutazione di impatto ambientale.
2. L’adito tribunale, sez. I, con la sentenza n. 209 del 10 marzo 2011, nella resistenza della Regione Autonoma della Puglia, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, del Ministero della Salute e del Comune di Serdiana, dichiarato il difetto di legittimazione passiva degli intimati ministeri, ha respinto il ricorso, ritenendo infondati tutti i motivi di censura sollevati.
Ad avviso del predetto tribunale, infatti, non solo non sussisteva alcun vulnus dell’articolo 97 della Costituzione nella disposizione contenuta nell’art. 48, comma 3, della legge regionale 2 giugno 2006, n. 9, giacché non poteva negarsi che la regola della separazione della funzione politica da quella amministrativa – gestionale fosse suscettibile di bilanciamenti, temperamenti e deroghe, purché disposti con legge e giustificati, come nel caso di specie, dalle prevalenti esigenze di coordinamento e sintesi di vari interessi pubblici, per quanto la asserita risalenza nel tempo dello studio di impatto ambientale posto a fondamento del giudizio positivo della valutazione di impatto ambientale non costituiva di per sè prova della sua inadeguatezza ovvero della sua inattendibilità, tanto più che, nel caso di specie, esso era stato aggiornato nel dicembre 2009 e nel gennaio 2010; non sussistevano, poi, gli invocati vincoli paesaggistici, il compluvio esistente in prossimità del sito interessato dal progetto non essendo iscritto negli elenchi di cui all’art. 142 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ed il bosco, anche a voler prescindere dalla effettiva qualificazione come tale della distesa arborea indicata, non essendo ricadente sul sito della progettata discarica, ma su una superficie distante almeno 100 metri, così come non risultava che zone di coltivazioni di prodotti IGT o DOC fossero prossime al sito ovvero ad una distanza tale da poter essere per loro pregiudizievole; non sussisteva infine alcuna carenza istruttoria o motivazione, tanto più che le ulteriori censure svolte al riguardo dall’amministrazione ricorrente concerneva la fase della costruzione e dell’esercizio della discarica.
3. Il Comune di Dolianova con rituale e tempestivo atto di appello ha chiesto la riforma di tale sentenza, riproponendo tutti i motivi di censura sollevati in primo grado, a suo avviso, malamente apprezzati, superficialmente esaminati ed ingiustamente respinti con motivazione lacunosa, erronea ed affatto condivisibile.
Hanno resistito al gravame la Regione Autonoma della Sardegna, Ecoserdiana S.p.A. (che peraltro ha affidato le proprie difese ad un appello incidentale, con le quali ha riproposto le eccezioni di inammissibilità ed improponibilità del ricorso di primo grado), ed i Ministeri dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare e della Salute, deducendone l’infondatezza ed insistendo per il suo rigetto.
4. Con successivi motivi aggiunti il Comune di Dolianova ha impugnato la determinazione provinciale n. 65 del 21 aprile 2011, concernente il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, e la determinazione n. 104/TP/CA/CI/10.03.2011 del Direttore del Servizio Pianificazione dell’Assessorato degli Enti Locali della Regione Sardegna, contenente il nulla osta paesaggistico, deducendone, oltre alla illegittimità derivata dalle censure già spiegate con l’appello principale, anche per “Violazione dell’art. 29 quater del D. Lgs. 152/2006, nonché degli artt. 14, 14 ter, commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14 quater della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione dei principi generali del giusto procedimento e del diritto di partecipazione ai procedimenti amministrativi. Violazione del principio generale di leale collaborazione tra enti. Violazione e falsa applicazione delle linee guida in materia di AIA (delibera della giunta regionale n. 43/15 del 11.10.2006) e di cui alla legge regionale n. 4/2006. Eccesso di potere per contraddittorietà, sviamento, ingiustizia manifesta”, denunciando di non essere stato convocato alle conferenze di servizio all’esito delle quali erano stati rilasciati gli atti impugnati.
5. Le parti hanno quindi illustrato le proprie difese con apposite memorie.
All’udienza pubblica del 10 gennaio 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO

6. E’ prioritario l’esame dell’appello incidentale spiegato da Ecoserdiana S.p.A., con cui è stata riproposta l’eccezione di inammissibilità e/o improponibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse del Comune di Dolianova, atteso che il progetto di discarica proposto non era localizzato sul proprio territorio, eccezione non esaminata dai primi giudici.
L’eccezione è infondata.
Secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale, da cui la Sezione non ritiene di doversi discostare, ancorché un impianto di trattamento di rifiuti ricada in altro vicino comune, non può negarsi che esso arrechi (o sia astrattamente in grado di arrecare) disagi e danni non solo agli appartenenti del comune di ubicazione, ma anche ai cittadini dei comuni limitrofi: deve essere pertanto riconosciuta la legittimazione e l’interesse ad agire anche al comune limitrofo (a quello in cui è ubicata o deve essere ubicata una discarica di rifiuti), quale ente esponenziale della collettività stanziata sul proprio territorio e portatore in via continuativa degli interessi diffusi radicati sul proprio territorio (C.d.S., sez. V, 3 maggio 2006, n. 2471; 20 febbraio 2006, n. 695), non potendo la legittimazione ad agire essere subordinata alla prova di una concreta pericolosità dell’impianto (C.d.S., sez. VI, 20 maggio 2004, n. 3262).
A ciò consegue la ammissibilità del ricorso di primo grado e l’infondatezza dell’appello incidentale di Ecoserdiana S.p.A.
7. Nel merito, per il resto, l’appello è infondato e deve essere respinto.
7.1. Con il primo motivo di gravame, riproponendo l’identica doglianza formulata in primo grado, l’amministrazione appellante lamenta l’erroneo rigetto dell’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 48, terzo comma, della legge regionale 2 giugno 2006, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, per aver attribuito alla competenza della Giunta regionale il giudizio di valutazione di impatto ambientale che, invece, dovrebbe rientrare tra le attribuzioni proprie della dirigenza regionale, trattandosi, a suo avviso, di un atto di gestione e non di natura politica.
La pur suggestiva prospettazione non può essere condivisa.
Com’è stato recentemente ribadito (C.d.S., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246; sez. V, 22 giugno 2009, n. 4206; VI, 17 maggio 2006, n. 2851), alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero; in particolare (C.d.S., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4245, cit.), è stato evidenziato che “la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933)”.
Non può sostenersi pertanto che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta regionale.
La normativa regionale indicata dal comune appellante si sottrae pertanto al dubbio di legittimità costituzionale, in relazione agli articoli 3 e 97 della Costituzione, per la prospettata violazione del principio di separazione della funzione di indirizzo politico – amministrativo da quella gestionale – amministrativo di attuazione della prima, come delineata dall’art. 3 del d. lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e dall’art. 4 del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
7.2. Con il secondo mezzo di gravame è stato riproposto il corrispondente motivo di censura formulato con il ricorso di primo grado, evidenziandosi che nel caso di specie difettava l’attualità e la affidabilità dello studio di impatto ambientale, presupposto necessario ed indispensabile per la valutazione di impatto ambientale, atteso che quello su cui si basava quest’ultima era stato in realtà elaborato ben cinque anni prima, all’atto della originaria domanda presentata da Ecoserdiana S.p.A. nel giugno del 2005, senza essere oggetto di alcuna significativa variazione al momento della prosecuzione dell’iter istruttorio e della presentazione della nuova domanda di Ecoserdiana S.p.A. dell’agosto del 2009 (benchè diversi, per quantità – 300.000 mc. rispetto agli originari 360.000 mc – e per qualità – rifiuti speciali invece che solidi urbani – fossero quelli da conferire nella discarica cui si riferiva le due richieste).
Anche tale doglianza è priva di fondamento.
7.2.1. Se infatti non vi è dubbio che l’articolo 8 del D. Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 (“Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alla discariche di rifiuti”) stabilisce che la domanda di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di una discarica deve essere presentata, ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo n. 22 del 1997, completa di tutte le informazioni richieste dagli articoli medesimi e deve altresì contenere almeno i seguenti dati:”…d) la descrizione del sito, ivi comprese le caratteristiche idrogeologiche, geologiche e geotecniche, corredata da un rilevamento geologico di dettaglio e da una dettagliata indagine stratigrafica eseguita con prelievo di campioni e relative prove di laboratorio con riferimento al D.M. 11 marzo 1988 del Ministro dei lavori pubblici, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1° giugno 1988”, per altro verso è altrettanto pacifico che, come del resto si ricava dalla lettura della impugnata deliberazione n. 12/23 del 25 marzo 2010 della Giunta regionale, la domanda proposta da Ecoserdiana S.p.A., il 3 giugno 2005 per il “Progetto di ampliamento da circa 360.000 metri cubi del modulo di discarica controllata di rifiuti non pericolosi dotato di impianto di Biogas, in loc. Su Siccesu, in località Perdiana” era effettivamente completa di tutta la documentazione prescritta (non essendovi stata sul punto alcuna contestazione), tra cui, tra l’altro, copia del progetto corredato di studio geologico e geotecnica, copia dello studio di impatto ambientale, sintesi del s.i.a. a favore del pubblico non tecnico, relazione sulla conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche, ambientali e paesaggistiche.
E’ anche vero che il procedimento avviato con quella domanda è stato interrotto nel mese di giugno 2006 su espressa richiesta della stessa Ecoserdiana S.p..A (per approfondimenti di natura tecnica), ma allorquando lo stesso è stato riavviato, sempre su istanza della società interessata, in data 10 gennaio 2008), all’esito della conferenza istruttoria tenutasi il 9 luglio 2009, l’amministrazione regionale (e per essa il Servizio Sostenibilità ambientale, valutazione impatti e sistemi informativi ambientali (SAVI) della Direzione generale dell’Ambiente, giusta nota prot. n. 15513 del 22 luglio 2009, anche in ragione delle modifiche appartate all’originario progetto per i cambiamenti normativi intervenuti e della pianificazione regionale intervenuta) ha chiesto elaborati integrativi (recanti in particolare la descrizione e la rappresentazione: a) della configurazione progettuale che si intende realizzare, con la precisazione della tipologia e dei codici dei rifiuti che si prevede di accogliere in discarica; b) degli aspetti concernenti l’aggiornamento dello Studio di impatto ambientale, alla luce delle modifiche progettuali intervenute).
E’ poi pacifico che tali elaborati integrativi sono stati tutti prodotti da Ecoserdiana S.p.A. (come si ricava dalla nota di trasmissione del 31 agosto 2009, assunta al protocollo degli uffici regionale con il n. 0018101 del 1° settembre 2009) e che nessuna sostanziale contestazione in ordine al loro contenuto è stata prospettata neppure nel corso della conferenza istruttoria del 30 novembre 2009 (dalla lettura del cui verbale, per quanto qui interessa, si evince altresì che l’originario progetto è stato modificato da rifiuti soliti urbani a rifiuti sociali (identica essendo le disposizioni normative di riferimento di cui al D. Lgs, 13 gennaio 2006, n. 36) con riduzione della volumetria da 360.000 a 300.000 metri cubi).
Nella “Monografia istruttoria – Valutazione impatto ambientale ai sensi della D.G.R. n. 5/11 del 15/02/2003”, relativa al “Progetto di ampliamento del modulo di discarica controllata per rifiuti non pericolosi dotato di impianto di Biogas, in loc. Su Siccesu in Comue di Serdiana – Proponente: Soc. Ecoserdiana”, predisposta dai competenti uffici regionali e versata agli atti di causa sin dal primo grado di giudizio, nella quale vi è una minuziosa ricostruzione di tutta la complessa e articolata istruttoria svolta, con particolare riferimento alla documentazione integrativa richiesta dalla Conferenza dei servizi nella riunione del 30 luglio 2009, si dà atto che detta documentazione (consistente: 1) nella integrazione della Relazione Paesaggistica, in relazione alla presenza di un corso d’acqua cartografato nelle tavole del PPR e limitrofo all’intervento, ritenuto privo di valenza paesaggistica trattandosi di un semplice compluvio, anche per la interferenza dell’attività di cava confinante con il rio cartografato; 2) nello studio della distanza dai centri abitati in relazione alla direttrice dei venti dominanti, stabilita sulla base di dati statistici significativi dell’intero arco dell’anno e relativi ad un periodo non inferiore a cinque anni, studio specificamente richiesto dal D. Lgs. n. 36 del 2003 per le discariche di rifiuti pericolosi e non pericolosi che accettano rifiuti contenenti amianto al fine di evitare qualsiasi trasporto aereo delle fibre) è “esaustiva”.
Occorre poi aggiungere che la proponente Ecoserdiana S.p.A. ha prodotto all’amministrazione procedente due integrazioni allo studio di impatto ambientale (s.i.a.), uno nel dicembre del 2009 e l’altro nel gennaio 2010, entrambi sostanzialmente finalizzati all’approfondimento delle tematiche collegate alle modalità di gestione ordinaria dei rifiuti contenenti amianto.
7.2.2. Ciò posto, la tesi circa la non attualità e della conseguente inadeguatezza ed inaffidabilità del s.i.a. prodotto da Ecoserdiana S.p.A. si risolve in una mera apodittica affermazione di principio, priva di qualsiasi supporto probatorio.
Non solo, come hanno correttamente sottolineato i primi giudici, di per sé il fatto che lo studio di impatto ambientale risalga all’anno 2005 (epoca della originario progetto della Ecoserdiana S.p.A.) non né dimostra l’inadeguatezza, tanto più che esso è stato successivamente aggiornato dalla società interessata nel dicembre 2009 e nel 2010 (a supporto del nuovo progetto di discarica da realizzare, diverso quanto ai rifiuti da qualitativamente e quantitativamente da quello originario), per quanto non è stata evidenziata in concreto alcuna effettiva lacuna od omissione da cui sarebbe inficiato il predetto s.i.a., tale da far dubitare della sua attualità e adeguatezza e tanto meno, sotto tale decisivo profilo, è stata rilevata una eventuale modifica dello stato di fatto dei luoghi interessati al progetto in questione, tale da inficiare il s.i.a. presentato (e ciò anche a prescindere dal suo successivo aggiornamento).
L’appellante, evidentemente consapevole del delineato limite della censura in esame, ha invero tentato di concretizzarla, lamentando specificamente con il motivo di gravame in esame che lo studio di impatto ambientale di cui si controverte sarebbe assolutamente carente ed inadeguato quanto al riferimento all’amianto: sennonché tale asserita carenza non sussiste affatto.
Infatti le due integrazioni del s.i.a., prodotte da Ecoserdiana S.p.A. nel dicembre 2009 e nel gennaio 2010, approfondiscono proprio la tematica concernente la questione dei rifiuti contenenti amianto; inoltre il punto 3 della citata “Monografia istruttoria” predisposta dai competenti uffici regionali in relazione al progetto proposto da Ecoserdina S.p.A. stabilisce espressamente che “in relazione al conferimento e deposito di rifiuti contenenti amianto dovranno essere poste in atto tutte le misure previste nell’Allegato 2 del medesimo decreto (D.M. 03.08.2005), avendo cura di evitare nel posizionamento delle celle appositamente ed esclusivamente dedicate ogni interferenza con i pozzi di raccolta biogas”: tale previsione è stata poi inserita quale puntuale prescrizione del giudizio positivo di compatibilità ambientale emesso con la impugnata delibera regionale.
E’ del tutto pretestuosa la tesi dell’asserita carenza di qualsiasi riferimento all’amianto nella documentazione e nei monitoraggi allegati all’originaria documentazione a supporto del progetto presentato nel 2005 (e del relativo s.i.a.), tanto più che quell’originario progetto concerneva solo rifiuti solidi urbani e non rifiuti speciali; così come del tutto irrilevante, ad avviso della Sezione, è la circostanza che dalla visura riassuntiva mod. MUD 98 della C.C.I.A.A. di Cagliari emerga che Ecoserdiana S.p.A. abbia dichiarato di aver smaltito nell’anno 2008 anche amianto, trattandosi di attività mai negata dalla predetta società, né costituendo oggetto della valutazione positiva di impatto ambientale le capacità tecnico – organizzative da parte della proponente circa lo smaltimento di tale tipo di rifiuto.
7.3. In quanto sostanzialmente connesso con la censura di cui al precedente punto 8.2., può essere immediatamente esaminato il motivo di gravame (sub 9) con cui l’amministrazione comunale appellante ha lamentato l’erroneità della sentenza impugnata per aver respinto, trattandoli congiuntamente, gli ultimi tre motivi del ricorso di primo grado, e quello spiegato con l’atto per motivi aggiunti, tutti concernenti la omessa valutazione preventiva delle problematiche collegate alla presenza di amianto nel progetto di discarica da autorizzare, in asserita palese violazione delle previsioni contenute nel più volte ricordato D. Lgs. n. 36 del 2003: in particolare, secondo l’appellante, nel prodotto studio sull’amianto e sul trasporto aereo delle relative fibre non sarebbe presente il riferimento ai necessari dati statistici significativi dell’intero anno, tanto più che esso non sarebbe stato condotto specificamente sulla dispersione delle fibre di amianto, ma solo su un modello previsionale dal cui esame si sarebbe ragionevolmente escluso l’incidenza sugli insediamenti residenziali della dispersione delle fibre di amianto.
Anche tale mezzo di gravame è infondato, essendo basato su di una lettura parziale e fuorviante dell’integrazione al s.i.a. prodotto da Ecoserdiana S.p.A. nel mese di dicembre 2009 (sul punto sostanzialmente confermata anche dalla successiva integrazione del gennaio 2010).
Invero, al paragrafo 7 della predetta integrazione, rubricato “Valutazione degli impatti”, è dato leggere quanto segue: “In relazione ad un’eventuale dispersione di fibre d’amianto in atmosfera, sono da prendere in considerazione alcuni aspetti significativi: in primo luogo la notevole distanza dell’impianto dai centri abitati (il più prossimo è infatti il Comune di Donori, a più di 3 Km in direzione NW); inoltre, la sua favorevole posizione in riferimento alla direzionalità dei venti dominanti della zona (prevalentemente settentrionali, da ENE, NNW e NW), pone l’impianto sottovento rispetto a tale centro abitato; infine, i rilievi collinari che si sviluppano sul lato meridionale della discarica costituiscono una naturale barriera alla diffusione degli inquinanti verso i centri abitati ubicati sottovento rispetto all’impianto, seppur a distanze notevoli”.
Rispetto a tali elementi di fatto, che l’amministrazione appellante non ha minimamente contestato e neppure messo in dubbio, le conclusioni esposte nella integrazione in argomento, secondo cui “quantunque non sia stato realizzato un modello previsione della possibile dispersione delle fibre di amianto, si può ragionevolmente escludere che tale dispersione possa interessare insediamenti residenziali”, risultano essere non solo in astratto logiche e sufficienti, ma in concreto anche adeguate e coerenti, ai fini non solo della completezza e dell’affidabilità del s.i.a., ma anche del giudizio positivo della valutazione di impatto ambientale: non può del resto sottacersi che nelle predette conclusioni si specifica che “…già le risultanze emerse dalla modellizzazione delle emissioni di aeriformi e PM10 (componenti sicuramente più mobili delle fibre di asbesto) riportate nel SIA (cui si rimanda per ogni eventuale approfondimento), non hanno evidenziato particolari situazioni di criticità presso i recettori più prossimi”, aggiungendosi che “In tal senso è quindi lecito prevedere, anche alla luce delle specifiche precauzioni da adottare nella gestione e nello smaltimento di questa particolare tipologia di rifiuto e delle peculiari caratteristiche anemometriche ed orografiche del sito, che un’eventuale dispersione di fibre tessili risulti in ogni caso limitata al solo modulo in coltivazione”.
7.4. Possono essere esaminate congiuntamente, per la loro stretta connessione, essendo tutti imperniati sulla asserita carenza istruttoria e difetto di motivazione, oltre che al travisamento di fatti e alla illogicità, i motivi sub 3, 4, 5, 6, 7 e 8, con cui sono state riproposte le corrispondente censure sollevate in primo grado per la dedotta omessa valutazione della presenza nella zona interessata al progetto in argomento di un corso d’acqua, di un bosco, di coltivazioni di prodotti con caratteristiche indicate nell’allegato 1 al D. Lgs. n. 36 del 2003 (IGT o DOC) e quindi di vincoli escludenti e ostativi alla ammissibilità del progetto realizzando.
Anche tali censure devono essere respinte, non meritando al riguardo l’impugnata sentenza le critiche che le sono state mosse.
7.4.1. In ordine al vincolo derivante dall’esistenza di un corso d’acqua, indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla sua stessa esistenza (messa in dubbio dalle difese di Ecoserdiana S.p.A., secondo cui non solo si tratterebbe di un mero compluvio, per quanto lo stesso risulterebbe soltanto cartograficamente, giacché in fatto esso sarebbe venuto meno per effetto dell’attività di cava svolta nella zona), come correttamente rilevato dai primi giudici, l’art. 142 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 bis della L. 6 luglio 2002, n. 137”), sono comunque tutelati per legge “…c) i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque d impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna” ed è pacifico che il corso d’acqua indicato dall’amministrazione appellante non risulta iscritto nei predetti elenchi.
Peraltro, la presenza di tale corso d’acqua è stata ben tenuta presente dall’amministrazione regionale ai fini del giudizio positivo in ordine alla valutazione di impatto ambientale, tant’è che nella impugnata delibera regionale è stata al riguardo apposta una specifica previsione del seguente tenore (punto 14): “tenuto conto di quanto segnalato dal Servizio Tutela Paesaggistica per le Province di Cagliari – Carbonia – Iglesias, in relazione alla presenza di un vincolo paesaggistico d’acqua limitrofo nella cartografia del Piano Paesaggistica Regionale (PPR) dovrà essere acquisita l’autorizzazione paesaggistica ai sensi del D. Lgs. n. 42/2004”.
Proprio la necessità di acquisire l’autorizzazione paesaggistica (peraltro effettivamente conseguita, essendo stata impugnata con i motivi aggiunti in appello), esclude che, come pur adombrato dall’appellante, la mera presenza del corso d’acqua in questione potesse essere considerata una circostanza assolutamente ostativa alla valutazione del progetto presentato da Ecoserdiana S.p.A. ed all’intervenuto giudizio positivo sulla valutazione di impatto ambientale.
7.4.2. In ordine al vincolo escludente rappresentato dalla asserita presenza nella zona oggetto dell’intervento di un bosco, occorre osservare che le doglianze dell’appellante, lungi dal contestare, com’era pure necessario, le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici (i quali, indipendentemente da ogni approfondimento in ordine alla effettiva presenza di un bosco, hanno evidenziato come la progettata discarica non ricade nella indicata distesa, ma su una superficie distante oltre cento metri) si sono sostanzialmente limitate a ribadire apoditticamente che la presenza della discarica avrebbe inciso sul bene ambientale in questione.
Sul punto, anche a voler prescindere dal fatto che l’appellante equipara tout court il bosco alla vegetazione asseritamente qualificabile come macchia, è decisivo osservare che, per un verso, il vincolo escludente, ex adverso invocato, concerne espressamente i soli territori coperti da boschi e non anche le aree contigue ai boschi, quale sarebbe quella in questione, e, per altro verso, che, come eccepito dalle difese di Ecoserdiana S.p.A., la vegetazione arbustiva presente in loco si rinnova di anno in anno, senza avere carattere permanente e stabile.
Non è poi irrilevante la circostanza, pure emergente dagli atti di causa, che il progetto proposto da Ecoserdiana S.p.A. ricade quasi esclusivamente sull’impronta di moduli (chiusi o in fase di ripristino) appartenenti alla preesistente discarica e che solo in minima parte (circa il 15%) riguarda aree nuove, comunque di pertinenza della precedente discarica, così che anche sotto tale profilo le doglianze prospettate sono del tutto infondate e meramente strumentali.
7.4.3. Ultronea e strumentale è anche la censura relativa al presunto difetto di motivazione che avrebbe inficiato la delibera regionale impugnata, erroneamente non riscontrato dalla sentenza impugnata, non essendo state indicate le ragioni che giustificavano il giudizio positivo in ordine alla valutazione di impatto ambientale, pur in presenza del corso d’acqua e del bosco, in relazione alla previsione secondo cui “di norma gli impianti di discarica non devono ricadere in….territori sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490”.
Invero, una volta superate, in quanto infondate come rilevato nei precedenti paragrafi, le censure attinenti la pretesa esistenza di vincoli assolutamente ostativi alla realizzazione del progetto proposto, non solo non è neppure comprensibile quali sarebbe gli ulteriori vincoli che si frapponevano alla valutazione positiva di impatto ambientale e quali ulteriori giustificazioni avrebbe pertanto dovuto fornire l’amministrazione regionale nella delibera impugnata.
7.4.4. Le osservazioni fin qui svolte rendono poi infondate anche i motivi di gravame sub. 7 e sub. 8, ancora incentrati sulla pretesa carenza istruttoria e difetto di motivazione del provvedimento impugnato in prime cure per l’omessa considerazione dei vincoli esistenti sull’area anche ai fini della dell’autorizzazione paesaggistica, ritenuta indispensabile dalla stessa amministrazione regionale.
Come correttamente ritenuto dai primi giudici, infatti i (riproposti) motivi di censura nulla aggiungevano in ordine alle doglianze già svolte, quanto al corso d’acqua ed alla asserita presenza del bosco, essendo appena il caso di rilevare che l’eventuale mancato rispetto delle prescrizioni inserite nel provvedimento impugnato non possono incidere, come vorrebbe l’appellante, sulla legittimità di quest’ultimo.
7.4.5. Infine, quanto alla presenza nel territorio interessato dalla realizzazione della discarica di coltivazioni di prodotti con le caratteristiche indicate nell’allegato 1 al D. Lgs. n. 36 del 2003, di cui l’amministrazione regionale non avrebbe tenuto alcun conto, non possono che condividersi le motivazioni addotte dai primi giudici nella sentenza impugnata.
Infatti non solo non è stato minimamente provato che le coltivazioni in argomento si trovino in prossimità dell’impianto da realizzare e che possano pertanto subire un pregiudizio dalla sua eventuale attività, per quanto, come già accennato in precedenza, il progetto proposto da Ecoserdiana S.p.A. ricade quasi esclusivamente sull’impronta di moduli (chiusi o in fase di ripristino) appartenenti alla preesistente discarica e che solo in minima parte (circa il 15%) riguarda aree nuove, comunque di pertinenza della precedente discarica: da ciò si ricava la manifesta infondatezza e pretestuosità della censura in esame, giacché, a tutto voler concedere, proprio la presenza della precedente attività avrebbe consentito di provare agevolmente o quanto meno di fornire adeguati indizi, se effettivamente sussistenti, dei pretesi pregiudizi sulle predette coltivazioni.
8. Con i motivi aggiunti l’amministrazione comunale di Dolianova ha impugnato la determinazione n. 65 del 21 aprile 2011 del Dirigente della Provincia di Cagliari di rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale e la determinazione n. 104/TP/CA/CI/10.03.2011 del Direttore del Servizio Pianificazione dell’Assessorato degli Enti Locali della Regione Sardegna (concernete il nulla – osta paesaggistico).
Tali motivi aggiunti sono inammissibili, in quanto i provvedimenti con essi impugnati sono addirittura successivi alla stessa pubblicazione della sentenza oggetto del presente gravame.
Occorre al riguardo ricordare che, come puntualizzato dalla giurisprudenza, mentre è ammessa la possibilità di dedurre motivi aggiunti anche in grado di appello per far valere vizi dei provvedimenti impugnati non noti all’epoca del giudizio di primo grado, tale possibilità è invece da escludere allorché con essi vengano così investiti, come nel caso in esame, atti sopravvenuti (C.d.S., sez. V, 20 dicembre 2011, n. 6702; 21 settembre 2011, n. 5329), tanto più che lo stesso articolo 104, comma 3, c.p.a. prevede che “Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati”.
Del resto, diversamente opinando, la scelta di una delle parti in causa priverebbe inammissibilmente l’altra del primo dei due gradi di giudizio e cioè di una garanzia e di un diritto che non possono essere rimessi alla volontà di una sola parte (C.d.S., sez. VI, 28 luglio 2010, n. 5029; sez. V, 28 settembre 2007, n. 5024).
9. In conclusione alla stregua delle osservazioni svolte l’appello principale deve essere in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile; devono essere dichiarati inammissibili i motivi aggiunti, deve essere inoltre respinto l’appello incidentale spiegato da Ecoserdiana S.p.A..
La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parte delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, integrato da motivi aggiunti, proposto dal Comune di Dolianova nonché sull’appello incidentale spiegato da Ecoserdiana S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sez. I, n.209 del 10 marzo 2011, così provvede:
– respinge l’appello principale;
– dichiara inammissibili i motivi aggiunti;
– respinge l’appello incidentale spiegato da Ecoserdiana S.p.A.;
– dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)