Avv. Ettore Nesi – ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITÀ – Espropriazione per motivi di pubblica utilità in assenza di opere pubbliche
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Ai sensi dell’art. 42, comma 3°, Costituzione «proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale».
In base a quanto previsto dall’art. 1 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, l’espropriazione per pubblica utilità può essere disposta per l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità.
È peraltro ammessa l’espropriazione in assenza di opere da realizzare, quando ricorrano motivi di pubblica utilità.
Infatti, l’art. 7 (“Competenze particolari dei Comuni”) d.P.R. n. 327/2001 ha previsto la possibilità di espropriare beni privati per attuare lo strumento urbanistico generale comunale.
Come osservato dalla Sezione I del Consiglio di Stato, la finalità dell’espropriazione deve tuttavia consistere «in qualcosa di ulteriore rispetto all’espropriazione, la quale è un mezzo e non un fine (a differenza della limitazione – senza indennizzo – dell’estensione della proprietà terriera privata, prevista dall’articolo 44); senza di che l’espropriazione si ridurrebbe a un’espoliazione, in contrasto con il secondo comma dell’articolo 42, secondo cui “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge”» (Cons. St., Sez. I, 25 maggio 2012, parere n. 2522).
Dal momento che l’art. 2 d.P.R. n. 327/2001 prevede, al comma 1°, che: «l’espropriazione dei beni immobili o di diritti relativi ad immobili di cui all’articolo 1 può essere disposta nei soli casi previsti dalle leggi e dai regolamenti», secondo la Sezione I del Consiglio di Stato l’espropriazione senza opere di un’area privata presuppone:
“1) che l’espropriazione sia finalizzata a una nuova e diversa utilizzazione dell’area privata (un “intervento”);
2) che la pubblica utilità dell’intervento sia sancita da una legge o da un regolamento” (Cons. St., Sez. I, parere n. 2522/2010 cit.).
Illegittimamente l’Autorità Comunale avvia un procedimento espropriativo al solo fine di rendere pubblica la strada privata, «sostituendo il proprietario privato col comune, ossia con la sola finalità di privare della proprietà il relativo titolare» (Cons. St., Sez. I, parere n. 2522/2010 cit., secondo cui «non solo non esiste una base legislativa per tale operazione, ma al contrario con essa si viene a negare la possibilità, prevista dall’ordinamento, che le strade siano di proprietà privata; né vale, a legittimare tale operazione, denominarla variante al piano regolatore, perché essa rimane pur sempre soltanto l’ablazione di una proprietà privata senz’altra pubblica utilità»).