Avv. Ettore Nesi – DIRITTI REALI – Actio confessoria servitutis. Onere della prova

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Ai sensi dell’art. 1079 (“Accertamento della servitù e altri provvedimenti di tutela”) cod. civile «il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio la esistenza contro chi ne contesta l’esercizio e può far cessare gli eventuali impedimenti e turbative».

Secondo la giurisprudenza di legittimità «chi agisce in confessoria servitutis deve provare la sua legittimazione ad agire, qualora questa venga contestata, giacché, assumendosi la violazione del diritto di servitù, occorre provare non solo la esistenza della servitù, ma anche che si sia titolare di essa, cioè di essere titolare del diritto di proprietà sul fondo dominante. Peraltro, nella confessoria servitutis non occorre quella prova della proprietà, cosi rigorosa come quella richiesta per la rivendicazione. Infatti, mentre con questa azione si mira alla dichiarazione del diritto di proprietà sul fondo, di cui si chiede la restituzione, nel caso della confessoria si chiede solo l’affermazione del vincolo di servitù con le eventuali altre conseguenti dichiarazioni di diritto, onde la proprietà del fondo dominante costituisce solo il presupposto dell’azione ed è sufficiente che emerga anche attraverso delle presunzioni» (Cass., Sez. II, 18 novembre 2013, n. 25809).